Nell’Unione europea il numero di pazienti infettati da batteri resistenti è in aumento da anni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel prossimo futuro una delle sfide globali potrebbe riguardare proprio una pandemia da germi antibioticoresistenti. Per una strategia di prevenzione efficace è necessario apportare dei cambiamenti nell’ambito della disinfezione.
A lanciare il monito è il professore Luciano Bassani. In un editoriale pubblicato sul quotidiano “La Verità”, l’esperto mette in guardia sui rischi nell’utilizzo dei disinfettanti chimici, soprattutto in ambito ospedaliero. Oltre ad avere un’azione temporanea e un elevato impatto ambientale, è stato infatti dimostrato che l’utilizzo di detergenti chimici favorisce la creazione di ceppi resistenti: “Il 15% dei pazienti ospedalizzati sviluppa infezioni, con 33mila decessi – scrive – il microbiota ospedaliero è divenuto sempre più forte e resistente a quasi tutti i farmaci antimicrobici”.
La sanificazione attualmente praticata negli ospedali va dunque rivista. Il sistema Pchs® (Probiotic Cleaning Hygiene System) va in quella direzione: brevettato e realizzato dalla società Copma in collaborazione con l’Università di Ferrara, è basato infatti sull’utilizzo di batteri probiotici. Si tratta, spiega Bassani, di un metodo che “affronta in modo eco-sostenibile la sanificazione degli ambienti con spore di bacilli presenti abitualmente nel microbiota umano, l’insieme di tutte le specie di microrganismi presenti nell’intestino”.
Nello specifico, il sistema Pchs® utilizza detergenti microbici che sfruttano la naturale biocompetizione. I “bacillus” presenti al loro interno abbattono tutti gli altri batteri. Diversi i vantaggi rispetto ai detergenti tradizionali: “In dieci anni di ricerca ha dimostrato di essere in grado di abbattere i patogeni dell’ambiente in modo stabile fino all’80% in più rispetto alla sanificazione chimica, con un calo fino a 1.000 volte delle resistenze originariamente presenti”.
Batteri “buoni”: con PCHS® ambienti più sicuri anche contro il Covid
Uno dei punti di forza dell’innovativo sistema di sanificazione targato Copma è che non limita la sua azione ai batteri: “Si prevede che in 5 anni il Pchs possa prevenire 30.000 infezioni. Ha inoltre dimostrato di essere attivo non solo su batteri e miceti ma anche sui virus, compresi virus incapsulati come SARS-Cov-2. Il Pchs – ha aggiunto Bassani – è stato inoltre testato su Herpes, influenza, Corona alfa e beta e Vaccina virus, che tra gli incapsulati è il più resistente, dando un abbattimento del 99,99%”. Al contrario dell’azione dei disinfettanti chimici, che finisce dopo un’ora, il sistema assicura una protezione di 24 ore anche contro il Covid.
Una soluzione economica, efficiente e sostenibile: secondo il modello econometrico sviluppato dal CERGAS dell’Università Bocconi, dal CIAS dell’Università di Ferrara e dal Dipartimento di Medicina dell’Università di Udine, se il sistema Pchs® venisse adottato in tutti gli ospedali italiani, nei prossimi 5 anni il risparmio complessivo per il SSN ammonterebbe a 457 milioni di euro. “È importante e urgente cambiare le strategie di disinfezione, pena un’impennata di microbo-resistenza purtroppo già in atto. Cerchiamo di rafforzare i germi buoni che possono aiutarci a combattere quelli cattivi”, conclude l’esperto.